Facciamo chiarezza

Chi vuol far vivere l’Edera e chi no

di Antonio Suraci*

Siamo giunti alla conclusione del gioco degli equivoci, sul quale tutti coloro che oggi voltano le spalle al Pri si sono baloccati, con la pochezza che li ha sempre distinti. Uomini che hanno tratto dal partito più di un beneficio, più di una carica, più di quanto abbiano dato a tutti noi. Vogliono rifondare, pensate, l’Italia senza essere stati in grado di far crescere il partito nel quale sono stati accolti e grazie al quale hanno attivato le loro professioni future. La scusa di oggi: Nucara. Ieri: La Malfa. L’altro ieri: Spadolini. Ancora più indietro: Ugo La Malfa. Per non parlare di altre scusanti. Da alcuni amici del sindacato a quelli di altre organizzazioni che non cito, hanno sviluppato le proprie vite professionali militando in quel partito che oggi denigrano. Pochezza di oggi, presunzione di sempre. Molti repubblicani hanno abbandonato la militanza attiva ma la maggior parte di questi non ha girato le spalle al partito. Semplicemente se ne è allontanata non ostacolando quanti ancora avevano voglia di lavorare per far vivere il simbolo della speranza. I tempi sono cambiati, evidentemente, e come sappiamo gli uomini hanno la memoria corta e vivono diverse stagioni sentendosi portatori di verità a seconda delle motivazioni che li spingono a tentare di aumentare il proprio potere. Di solito effimero. Non cito nessuno, annoto solo che tutti coloro che oggi - allontanandosi dal partito - vogliono partecipare alla salvezza dell’Italia, o meglio indicarci la via della salvezza, rappresentano una forbice generazionale compresa tra i trenta e i settant’anni: più generazioni, molte delle quali non hanno mai militato attivamente nel Pri pur definendosi repubblicani. Altri, i più maturi, hanno ottenuto tutto e se avessero voluto, anziché chiedere ancora, avrebbero potuto far crescere una nuova generazione repubblicana.

Nessuno di noi ha mai girato per il Pri calzando sandali da zampognaro e sciorinando cifre tratte dal Sole 24 Ore; non molti hanno avuto la serietà di comunicare il proprio dissenso. Ma tutti coloro che oggi cercano ‘poche ore di evasione’ sono forse convinti, passata la sbornia, di poter tornare a giocare a tresette con noi. Questo è un errore, nessuno potrà più tornare a giocare, soprattutto perché il livello morale a cui si rifanno non potrà mai eguagliare la serietà e l’amore che nutriamo verso un sodalizio che ha saputo dare all’Italia gente di altra tempra e valori di ben altro spessore.

Chi desiderava contribuire a salvare l’Italia aveva solo una strada: continuare ad arricchire una tradizione politica, culturale e morale che nei momenti difficili della Nazione ha sempre saputo fare quadrato e offrire le migliori intelligenze alla democrazia repubblicana. Dobbiamo migliorarci, è vero, e la nostra ambizione è farlo con tutti quelli che continueranno a militare; gli altri, come il recente passato insegna, non servono allo scopo.

Auguri a tutti coloro che credono di poter servire il Paese da soli, furbescamente consapevoli che in un mondo di ciechi anche un miope può ambire a guidarli. Per assolvere a un simile ruolo non ha importanza possedere la nitidezza, l’importante è farlo credere.

*Capo della segreteria Pri